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L’utilità dell’indice alluce-braccio (TBI) per la diagnosi di AOP


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Gli effetti negativi di numerosi fattori di rischio dell’arteriopatia obliterante periferica (AOP) non riguardano solo il benessere dei pazienti, ma possono anche interferire o persino prevenire la diagnosi tempestiva di pazienti asintomatici. Si tratta di condizioni mediche quale il diabete che condiziona a sua volta la gravità e il progredire dell’AOP. Esse sono le cause principali delle arterie incomprimibili nelle estremità inferiori e correlate a difficoltà nel diagnosticare l’AOP mediante i metodi standard.

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Perché ricorrere all’indice alluce-braccio (TBI) per la diagnosi dell’arteriopatia obliterante periferica (AOP)?

Esistono vari metodi consolidati per diagnosticare l’AOP, ognuno differente dall’altro per quanto riguarda la precisione, l’affidabilità e il costo. Tuttavia, nessuno di questi si dimostra pratico ed economico quanto la misurazione dell’ABI (1, 2, 3). L’ABI è comodo per la sua natura non invasiva, mentre il suo eccellente rapporto costo/benefici deriva dalla procedura di misurazione relativamente semplice, in particolare se quest’ultima è eseguita con un dispositivo pletismografico oscillometrico (4, 5, 6). Tuttavia, possiede un grande difetto, che viene alla luce in situazioni specifiche, ossia in caso di pazienti con arterie incomprimibili dove i suoi risultati sono pressoché diagnosticamente inutili.

Con la definizione arterie incomprimibili (calcificate o rigide) intendiamo le arterie interessate dalla calcificazione arteriosa della media, anche nota con il nome di sclerosi calcifica mediale di Mönckeberg (7). Si richiede quindi una maggiore pressione del bracciale per conseguire la compressione. Ciò si traduce in risultati ABI falsati, più diffusi nei pazienti con diabete, insufficienza renale e artrite reumatoide (8, 9, 10, 11).

Un ABI elevato (≥1,30 o 1,40) detiene un valore diagnostico limitato, tra cui un rischio maggiore di infarto miocardico; tuttavia, non offre alcuna informazione sulla presenza di AOP e sulla sua gravità durante l’esame del/della paziente (12). Fortunatamente, la calcificazione colpisce raramente le arterie negli alluci, rendendoli idonei per la misurazione della pressione sanguigna (13). Eppure, in questo caso, la misurazione è denominata indice alluce-braccio (TBI).

Quali sono le differenze tra l’indice caviglia-braccio (ABI) e l’indice alluce-braccio (TBI)?

Fatta eccezione per il nome e il sito di misurazione della pressione sanguigna, la differenza più ovvia tra questi due metodi diagnostici risiede nell’apparecchiatura diagnostica utilizzata e i valori numerici calcolati dalle misurazioni. I bracciali sono nettamente più piccoli e sono dotati di un sensore foto pletismografico per rilevare le variazioni nel volume ematico. Analogamente, i valori numerici sono inferiori rispetto a quelli dell’ABI: solitamente partono da un minimo di 0,7 nelle persone sane, mentre un TBI <0,70 è di norma indicativo della presenza di AOP (14). Tuttavia, vi sono affinità con l’ABI nell’associare i valori TBI più bassi con la salute generale e cardiovascolare.

Alcuni studi hanno dimostrato che un TBI basso è correlato a un rischio più elevato di CVD ricorrente e di progressione della nefropatia diabetica in pazienti con diabete di tipo 2, ed è inoltre utile come preannunciatore della mortalità nei pazienti in dialisi (15, 16, 17). In generale, il TBI è particolarmente idoneo alla diagnosi dell’AOP in pazienti con malattia renale allo stadio terminale (ESRD) (18). Gran parte di tali pazienti si trova anche a combattere ulcerazioni dolorose (controindicate per la misurazione ABI) come pazienti affetti da altre condizioni, quale il diabete, che ha tante complicazioni gravi, tra cui la cancrena diabetica (19). Come quasi tutte le condizioni vascolari che minacciano la vitalità degli arti, è difficile da curare, soprattutto se il/la paziente ha un’AOP nascosta. Può essere difficile definire un regime terapeutico adeguato a questi pazienti, ma l’uso del TBI può semplificare questo compito.

L’indice alluce-braccio (TBI) è utile per delineare un programma terapeutico per la cancrena diabetica?

L’associazione dell’AOP con il diabete mellito e la loro sinergia reciprocamente distruttiva è oggetto di studi approfonditi e non richiede ulteriori presentazioni. Eppure, pochi studi hanno trattato la questione dell’usabilità di metodi diagnostici dell’AOP economici tra cui ABI e TBI per delineare e guidare regimi terapeutici per il trattamento di complicazioni del diabete, come ad esempio, la cancrena. Tra questi studi ne spicca uno condotto in Corea, basato su 15 pazienti (12 uomini e tre donne, per un totale di trenta arti) affetti da cancrena diabetica o claudicazione intermittente per verificare l’utilità del TBI nel rilevare l’AOP (20).

I ricercatori hanno ritenuto il TBI il metodo preferito per accertare disturbi di perfusione degli arti inferiori, constatandone la superiorità rispetto all’ABI. Oltre a ciò, alcuni pazienti ottenevano un punteggio ABI normale a fronte di un punteggio TBI basso e, di conseguenza, la presenza di AOP confermata da angiografia (20). Se la misurazione del TBI non fosse stata eseguita, i pazienti sarebbero stati classificati privi di AOP, senza ricevere il trattamento appropriato. Su otto di loro, due si sono dovuti sottoporre a un innesto cutaneo e uno a una revisione di una lesione, mentre i restanti presentavano una o due articolazioni amputate (20).

Pertanto, un valore ABI normale non è la migliore indicazione per diagnosticare l’AOP, in particolare in pazienti con arterie incomprimibili. Per questo motivo, è importante proseguire con la misurazione del TBI per confermare o rigettare qualsiasi sospetto o richiedere un rinvio a uno/a specialista vascolare per ulteriori esami. I ricercatori hanno anche notato che le misurazioni consecutive dell’ABI e del TBI offrono altri vantaggi. Hanno sviluppato un algoritmo per il trattamento che permette un rilevamento più rapido dell’AOP in pazienti con cancrena diabetica.

In primo luogo, viene misurato l’ABI e, se è al di sotto di 0,9, il/la paziente è rinviato/a a uno/a specialista vascolare per il trattamento. Se il punteggio ABI è compreso tra 0,9 e 1,3 (valori normali) o è superiore a 1,3 (arterie incomprimibili), viene effettuata la misurazione del TBI. Un TBI pari o superiore a 0,6 indica l’assenza di problemi di perfusione significativi e richiede solo la gestione delle lesioni. Al contrario, un TBI minore a 0,6 indica l’angioplastica come prerequisito per la gestione delle lesioni.

Il TBI è l’unica alternativa idonea all’ABI per il suo rapporto costo/benefici e la praticità in caso di pazienti con arterie incomprimibili e possiede applicazioni che vanno oltre la diagnosi di AOP.

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